lunedì 1 aprile 2013

“Quello che…guardava attraverso le finestre dell’anima e ci restituiva il sorriso perduto…, oh yeee…”

Enzo Jannacci non ci ha lasciati, ha solo cambiato dimensione. La gente questo l’ha capito e per questo ha immediatamente dato vita ad un pellegrinaggio silenzioso, sobrio, vissuto nel profondo del cuore e dei ricordi. Una carriera iniziata alla fine degli anni ’50, diploma al Conservatorio, Laurea in medicina e specializzazione in cardiochirurgia. La passione per la medicina e per la musica erano il segno profondo e sincero dell’amore per la gente comune e per la sua città, per le periferie reali, fatte di strade e storie, di sogni e dolori, di persone ed ideali. Ma anche per le periferie dell’animo
umano che lui cercava di portare verso il centro dell’uomo attraverso le sue canzoni, le storie che disegnava, le modalità espressive con le quali ce le consegnava affinchè noi le facessimo nostre. Tanti i personaggi che hanno animato le sue storie: l’Armando, Veronica, Vincenzina, il barbone senza nome, Silvano, Mario, Bobo Merenda, Pedro, Giovanni (il telegrafista), Il palo (della banda dell’Ortica), l’eroe di Sei minuti all’alba e tanti altri…
Jannacci non ha avuto il successo che avrebbe certamente meritato ma questo è stato anche un risvolto della sua attività professionale perchè un conto è fare il musicista a tempo pieno ed un altro farlo avendo un’attività così delicata come quella che ne accompagnava le giornate unitamente al successivo impegno di medico ASL. Jannacci non è mai stato artista “divo” ma grande e geniale traduttore di situazioni, momenti di vita, attimi di storia che lui dipingeva in maniera delicata, agra, ironica, beffarda, tenera, surreale, melanconica. Una capacità di traduzione che, spesso, metteva in secondo piano la sua grande perizia di musicista che ben hanno avuto modo di comprendere tutti coloro che hanno suonato e lavorato con lui. Perizia che ha saluto trasfondere nel suo compagno degli ultimi anni di lavoro e musica, suo figlio Paolo. Jannacci in un periodo di festa ma, anche, di grandi preoccupazioni. Un po’ come fece il suo grande amico e primo compagno di musica, l’indimenticato Giorgio Gaber.
Tempo fa, insieme ad alcuni amici appassionati di musica ed amici di Enzo proposi al Comune di organizzare una sorta di viaggio all’interno dell’opera di Jannacci. Un viaggio che coinvolgesse la città e che omaggiasse questo suo grande figlio prima che la malattia lo ghermisse in maniera irreparabile. Per una serie di motivazioni questa proposta non ha avuto seguito. Spero che si possa comunque riparare anche senza di lui che, forse, ora sta ridendo di “Quelli che…perdono tempo nelle chiacchiere e non si accorgono che è il tempo a prendere loro…oh yeee…”. 

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