Il 27 luglio del 1993 l’aria
della sera era calda come quella di questi giorni. In una note calda ed
insopportabile si possono fare ben
poche. Uscire a fare quattro passi, stare a casa immobili a bere acqua e
cercare di scansare le zanzare. Oppure, se si fosse al lavoro, guardare l’orologio
sperando che le ore trascorressero veloci.
Non era un anno sereno il 1993 così
come non lo erano stati i precedenti. Terrorismo, mafia, stragi, tangentopoli,
corruzione. Ma i semplici, gli umili, coloro a cui la vita scorre, spesso
monotona ma vera, non si aspettavano certamente di entrare nella storia.
Purtroppo loro malgrado. Erano circa le 23.20 quando un boato scosse la città
inondata di calura. Un’auto con circa 100 kg. Di tritolo era esplosa davanti il
PAC, Padiglione di Arte Contemporanea. Tre vigili del fuoco, un vigile urbano,
un venditore ambulante marocchino in quel preciso momento deposero la vita ai
piedi di quell’auto e lasciarono la loro storia nel ricordo di chi li aveva
conosciuti. Io ne avevo conosciuto uno: si chiamava Sergio ed abitava ancora in
Via Nikolajevka, 1, quartiere di Baggio. Sergio era una persona molto buona,
generoso e coraggioso. Con lo sguardo sempre con una sorta di timidezza
interiore ma con un sorriso sobrio, aperto, gentile e sincero. Me lo ricordo come
un ragazzo coraggioso e posso ben immaginare quanto coraggio ci mettesse nel
suo lavoro. Una vita spezzata a 34 anni. Una vita, come le altre, a cui il
futuro è stato cancellato in un istante. Le mani mafiose e stragiste sono state
riconosciute. Purtroppo non ancora chi ci fosse realmente dietro quelle bombe.
Quelle di San Giorno al Velabro e San Giovanni in Laterano. A Roma. Così come a
Firenze in Via dei Gergofili qualche mese prima. E senza dimenticare il mancato
obbiettivo di Maurizio Costanzo e l’attentato, non attuato per un difetto
tecnico che avrebbe dovuto colpire i Carabinieri di servizio allo Stadio
Olimpico. E l’anno prima se n’erano andati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
con le relative scorte. Era, è attentato mafioso, come ieri abbiamo scritto
sulla targa apposta, in sostituzione della precedente, sul muro esterno del
PAC. E’ mafia che, probabilmente voleva alzare la posta sulla questione
chiamata “trattativa” con lo Stato. Ciascuno h certamente la sua opinione al
riguardo ma non è corretto anticipare sentenze visto che c’è un processo in
corso ma questo Paese ha troppi scheletri nei suoi armadi e la madre di tutte
le stragi, quella di Portella delle Ginestre, dopo ben 66 anni non ha chiarito
dubbi su esecutori e, di più, mandanti. Ci auguriamo almeno che, prima o poi,
giustizia sia fatta e se non sarà possibile quella giudiziaria che almeno
quella storica, un giorno, faccia la sua comparsa nei libri e nelle coscienze
per dare il giusto riscatto alle vittime innocenti.
Ciao Sergio….
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