domenica 28 luglio 2013

Via Palestro, come Dumas, vent'anni dopo...

Il 27 luglio del 1993 l’aria della sera era calda come quella di questi giorni. In una note calda ed insopportabile si possono fare  ben poche. Uscire a fare quattro passi, stare a casa immobili a bere acqua e cercare di scansare le zanzare. Oppure, se si fosse al lavoro, guardare l’orologio sperando che le ore trascorressero veloci.
Non era un anno sereno il 1993 così come non lo erano stati i precedenti. Terrorismo, mafia, stragi, tangentopoli, corruzione. Ma i semplici, gli umili, coloro a cui la vita scorre, spesso monotona ma vera, non si aspettavano certamente di entrare nella storia. Purtroppo loro malgrado. Erano circa le 23.20 quando un boato scosse la città inondata di calura. Un’auto con circa 100 kg. Di tritolo era esplosa davanti il PAC, Padiglione di Arte Contemporanea. Tre vigili del fuoco, un vigile urbano, un venditore ambulante marocchino in quel preciso momento deposero la vita ai piedi di quell’auto e lasciarono la loro storia nel ricordo di chi li aveva conosciuti. Io ne avevo conosciuto uno: si chiamava Sergio ed abitava ancora in Via Nikolajevka, 1, quartiere di Baggio. Sergio era una persona molto buona, generoso e coraggioso. Con lo sguardo sempre con una sorta di timidezza interiore ma con un sorriso sobrio, aperto, gentile e sincero. Me lo ricordo come un ragazzo coraggioso e posso ben immaginare quanto coraggio ci mettesse nel suo lavoro. Una vita spezzata a 34 anni. Una vita, come le altre, a cui il futuro è stato cancellato in un istante. Le mani mafiose e stragiste sono state riconosciute. Purtroppo non ancora chi ci fosse realmente dietro quelle bombe. Quelle di San Giorno al Velabro e San Giovanni in Laterano. A Roma. Così come a Firenze in Via dei Gergofili qualche mese prima. E senza dimenticare il mancato obbiettivo di Maurizio Costanzo e l’attentato, non attuato per un difetto tecnico che avrebbe dovuto colpire i Carabinieri di servizio allo Stadio Olimpico. E l’anno prima se n’erano andati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino con le relative scorte. Era, è attentato mafioso, come ieri abbiamo scritto sulla targa apposta, in sostituzione della precedente, sul muro esterno del PAC. E’ mafia che, probabilmente voleva alzare la posta sulla questione chiamata “trattativa” con lo Stato. Ciascuno h certamente la sua opinione al riguardo ma non è corretto anticipare sentenze visto che c’è un processo in corso ma questo Paese ha troppi scheletri nei suoi armadi e la madre di tutte le stragi, quella di Portella delle Ginestre, dopo ben 66 anni non ha chiarito dubbi su esecutori e, di più, mandanti. Ci auguriamo almeno che, prima o poi, giustizia sia fatta e se non sarà possibile quella giudiziaria che almeno quella storica, un giorno, faccia la sua comparsa nei libri e nelle coscienze per dare il giusto riscatto alle vittime innocenti.
Ciao Sergio….

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