sabato 22 marzo 2014

Don Luigi Ciotti, ovvero un uomo che ha il Vangelo nel cuore, nella mente, sulla bocca, nell'azione...

Sembra un profeta del vecchio testamento che ha ben chiaro, però, le parole del nuovo testamento. E’ un profeta che si sporca le mani da decenni, che ha fondato il Gruppo Abele di Torino quando pochi guardavano a coloro che erano emarginati, per alcol, droga, miseria, follia in quella città operaia e laboriosa, colma di meridionali giunti in quello che qualcuno chiamava anche FiatNam. Quando è stato evidente che uno dei cancri di questo Paese erano le mafie non ha esitato a fondare “Libera, nomi e numeri contro le mafie”.
Un’associazione, questa, che da oltre vent’anni cerca di instillare agli uomini ed alle donne di buona volontà il desiderio di sconfiggere il male mafioso, la corruzione, la violenza, la politica indecente che, da sempre, toglie respiro e vita alle persone oneste, che chiude ogni spiraglio di speranza e di futuro a chi vuole, dignitosamente, vivere da cittadino senza dover baciare le mani a nessuno. Il suo nome, è evidente, è Don Luigi Ciotti. Non un prete antimafia, ma un prete e basta. Ma un prete di quelli che tutti vorremmo fosse presente nella chiesa accanto a casa. Un prete di quelli che il Vangelo non sono parole ma, come Don Giuseppe Diana, come Don Pino Puglisi e tanti altri senza volto e senza nome, è vita, sangue, lacrime e gioia, furore e misericordia, giustizia e “tempi ultimi”. La vita di quest’uomo, che da anni vive sotto scorta, è un esempio vivo di come si può interpretare nella maniera più profonda e vera il senso d’essere prete nel solco di uomini e sacerdoti liberi come lo sono stati, con altri percorsi Don Mazzolari, Don Milani e tanti altri che hanno dato senso alla loro vocazione. La giornata in ricordo delle vittime di mafia che da anni si celebra in Italia è l’esempio e la dimostrazione che alzare la voce si può, che chiedere giustizia si deve, che essere dalla parte dei perdenti è necessario, che non essere complici del malaffare e dell’ingiustizia è vitale. Forse Don Ciotti è un uomo straordinario come lo sono stati  Falcone, Borsellino, Chinnici, Dalla Chiesa, Livatino e tanti, troppi altri che hanno lasciato la loro vita, il loro ultimo respiro sulle strade insanguinato di questo Paese forse irredimibile. M al’esempio dei vivi e di coloro che non ci sono più deve spronare, tutti, a dare un senso ai loro sacrifici, alla loro vita spesa in nome della giustizia, per coloro che “umiliati ed offesi” avevano smarrito il senso della dignità. Imitare Don Ciotti e tutti quei servitori dello Stato e non che sono stati uccisi dalle mafie è impossibile. Ma il poco che possiamo fare, facciamolo, altrimenti, come gli ignavi della Divina Commedia, un pezzettino di quell’inferno evocato ieri da Papa Francesco, ci attende…

Nessun commento: