lunedì 8 dicembre 2014

SCRITTO IL 9 OTTOBRE DEL 1980


John Lennon, R.I.P. 

Il freddo era secco, aspro, tagliente, cattivo, nervoso.

La radio cominciò a gracchiare proprio nell'attimo in cui Harry si accingeva ad addentare uno splendido tramezzino che gli aveva preparato sua moglie. "Centrale a Cobra sei, passo"

"Oddio, una rogna" muggì Henry "me lo sentivo..."

Ormai ci aveva fatto il callo e cercava di prendere tutto con filosofia. Prese la radio ed attivò il contatto per la risposta. Appoggiò il tramezzino sul sedile posteriore e prese la radio con la mano destra.

"Cobra sei a Centrale, siamo in ascolto, passo"

"Centrale a Cobra sei. Dirigetevi subito verso Central Park, sesta Avenue. Davanti al Dakota Residence hanno sparato ad un uomo. Probabilmente si tratta di omicidio. Fate attenzione: ci hanno segnalato che l’assassino è ancora sul luogo del delitto. Passo"

"Cobra sei a Centrale ricevuto. Partiamo subito. Passo e chiudo" Harry riavvolse rapidamente il suo tramezzino nel cellophane e lo posò sul sedile posteriore dell'auto. "Dai Henry, partiamo" L'autista ingranò la prima e schizzò veloce verso il Dakota Residence mentre la sirena spandeva nell'aria il suo lugubre "Mantra".

Quella notte, il 7 dicembre del 1980, alle ore 22,30 circa (ora di New York) moriva un uomo e nasceva una leggenda. John Lennon veniva rapito dal suo karma con la velocità di un incubo che viene a visitarci nelle nostre notti più agitate.

Proprio qualche ora prima di essere ucciso, quasi a volere suggellare con la propria voce il senso del suo epitaffio funebre, Lennon aveva rilasciato alla "RKO radio" di New York la sua ultima intervista che concludeva con queste parole.

"Dobbiamo ringraziare Dio, o chiunque ci sia lassù, per essere tutti sopravvissuti. Siamo sopravvissuti al Vietnam, al Watergate, al tremendo sconquasso del mondo. Noi fummo ai vertici degli anni sessanta ma adesso tutto è cambiato. Mi incammino verso un futuro sconosciuto ma sono ancora qui e fino a quando c'è la vita c'è anche la speranza".

Ed invece, di lì a qualche ora, proprio la vita lo avrebbe tradito ricordandoci di come la morte sia subdola e come sappia atrocemente insinuarsi nella scena della rappresentazione della vita di ciascuno.

Così uno dei miti degli anni sessanta e settanta svaniva "tradito alle spalle da carne tremante" come avrebbe detto Dylan. John Lennon, I Beatles... un'epoca.

Tanto era dolce, soft, armonioso, tranquillo Paul Mc Cartney, tanto era sobrio, asciutto, essenziale, nervoso Lennon. 

Da questo incontro-scontro tra personalità così diverse tra loro, tra questo mix di Yin e Yang, sarebbero nate alcune delle più belle canzoni mai scritte, in assoluto, nella storia della musica popolare. Dalla loro unione sarebbe nato un nuovo stile musicale, un nuovo modo di concepire e creare la musica.

I Beatles hanno avuto, ed avranno sempre, un posto insostituibile nella storia della musica moderna perchè è stato grazie alla loro violenta spallata alla porta della tradizione, alle loro innovazioni tecniche, al loro carisma, che la musica ed anche, in parte, il costume sono cambiati. E di carisma Lennon ne aveva da vendere. Era un capo e qualsiasi cosa facesse non poteva non farla che dal ponte di comando.

Al diavolo se neppure uno lo seguiva, se magari gli altri lo ritenevano un pò matto. Anche da solo ma, perdiana! le idee devono essere solide, devono essere come pietre scagliate contro l'ipocrisia. Lennon lottava, d'istinto, contro il pregiudizio ed il quieto vivere, contro le finzioni del vivere quotidiano, contro, talvolta, i mulini a vento.

Molte cose vennero accettate dal sistema solo in quanto dette da un "Beatle" ed in tale condizione Lennon venne accolto nel salotto buono del potere in attesa che la testa matta si rimettesse in riga.

Talvolta irriverente ma, in fondo, spesso null'altro che un mattacchione, per qualcuno…:

"quelli delle prime file possono anche applaudire, quelli del palco basta che facciano tintinnare i gioielli"

(Royal Command Performance '63)

Ed infine "baronetto" di Sua Maestà Britannica per essere più vicino al cuore della Regina, cocco di mamma Inghilterra.

Ma ad un certo punto il gioco cominciava a diventare insopportabile e dopo varie peregrinazioni psicologiche, Lennon maturerà in sé, ed esternerà in maniera sempre più decisa, la sua critica al sistema.

Allora le parole diventeranno lame taglienti che violeranno le carni delle situazioni quotidiane, delle situazioni imposte ed immutabili:

"Nessun biondino dai capelli corti, panciuto, figlio di un imbroglione, mi rincoglionirà con il soffice richiamo materno e con soltanto una tasca piena di speranza e denaro per la droga e denaro per le sigarette. Ma tutto quello di cui ho bisogno è la verità..., datemi solo un pò di verità."

(Gimme Some Thruth, '71)

Così continua la marcia di Lennon che diventa seccante, insopportabile, presuntuoso, saccente, indisponente, ingrato verso quel sistema che, pure, gli ha dato una fama pressochè immortale e denaro in incalcolabile misura.

Riconosciamolo: è sicuro che Lennon vivesse a braccetto con la propria anima "schizofrenica" che, si l'opprimeva, ma che, anche, era da impulso per liberare le pulsioni più genuine e veritiere d'una generazione.

Da una parte viveva la "dannazione" dell'essere straordinariamente ricco e di appartenere, in sostanza, alla classe dominante, dall'altra viveva la sua follia geniale, la sua scontrosa schiettezza nei rapporti umani come armi per devastare il campo a cui, comunque, se non per censo ma per ricchezza, apparteneva.

Lasciamo i commenti di facile sociologia a coloro che hanno gli strumenti adatti per trovare spiegazioni comportamentali e psicologiche in ogni simbolo e gesto, senza però dimenticare che sin dai tempi della gloria Beatle lui era stato l'unico a riconoscere che ciò che gli stava accadendo non era soltanto un bellissimo sogno, ma anche un possibile incubo; non per niente gridava:

"Aiutami se puoi, mi sento già giù, apprezzo molto il tuo starmi vicino, aiutami a ritornare con i piedi per terra. Puoi aiutarmi, per piacere?"
(Help! '65)

e questa richiesta d'aiuto la lanciava proprio al culmine della gloria dei Beatles, quando tutto ciò che toccavano si trasformava in oro. Ma suvvia, chi avrebbe mai pensato che Lennon dicesse sul serio, che parlava di sè stesso? Come poteva avere bisogno di aiuto un musicista che a 25 (!) anni aveva tutto quanto mai si potesse desiderare; così sicuro di sè da poter dire, senza arrossire, che, in fondo "i Beatles erano più famosi di Gesù Cristo"

Eppure, nonostante il mondo si inchinasse di fronte ai Fab Four, Lennon gridava:

"Uomo inesistente... lui non ha punto di vista, non sa dove sta andando, non è un pochino come me e te?"

(Nowhere man, '66)


E' l'urlo di una tigre ferita, ingabbiata dallo star system che ne fa un fenomeno da baraccone, un'immagine che deve sapersi replicare per continuare a rendere possibile il mito. E tutto deve realizzarsi a velocità folle: i dischi, le tournèe, i fans urlanti, la paura della folla, gli hits in classifica, la ricchezza ma anche, alla fine, il disagio esistenziale e psicologico sempre più evidente.

Così, alla fine, si arriva al grande big-bang allucinogeno:


"Immaginati in un fiume su una barca, con alberi di mandarino e cieli di marmellata. Qualcuno ti chiama e tu rispondi lentamente: è una ragazza con occhi caleidoscopici"
(Lucy in the sky with diamonds, '67)

Lennon ha sempre più bisogno di comprendere la realtà che lo circonda e quando la razionalità viene meno allora il surrealista che è in lui emerge in maniera prepotente pure cercando l'aiuto in qualche pillola proibita, in qualcosa che l'aiuti nell'espansione delle proprie possibilità oniriche e descrittive.

I figli dei fiori riempiono il mondo di colori, nuovi e penetranti profumi riempiono l'aria di mitiche e lontane città nelle quali, ai nostri occhi sognanti, si svolge la "storia" ed in cui pasticche colorate modificano la nostra quotidiana realtà dandoci visioni di eternità.

Libero dagli impegni asfissianti dei tour Lennon riscopre la felicità, ma anche il dramma, di essere libero. Ed aprendo completamente gli occhi si accorge d'essere parte di un mondo completamente nuovo, ricco di stimoli, problematiche, conflitti, esperienze, tensioni completamente sconosciute od impensabili solo qualche anno prima. I Beatles hanno contribuito a questo cambiamento ed anch'essi ne sono stati cambiati. In particolare Lennon si rende conto d'essere come una farfalla nel bozzolo che si sforza d'uscire e di volare ma non ci riesce perchè imprigionato dal mito d'essere un Beatle.

Esplode dentro di lui l'urgenza d'essere libero. Ma è un'urgenza nervosa, nevrotica, psicotica, sempre più ondeggiante tra l'amore e la dolcezza, tra la rabbia e l'emozione e così da una parte c'è il chiaro:

"Basta solo un pò d'amore, si, soltanto un pò di amore, si, solo d'amore c'è bisogno"

(All you need is love, '68)

mentre dall'altra c'è lo scuro:

"Nere nuvole attraversano la mia mente. Azzurra nebbia intorno alla mia anima. Non penso che al suicidio, odio persino il mio Rock'n Roll. Voglio morire, si, voglio morire. Se morto non sono già."

(Yer Blues, '68)

Ci si aggrappa allora ad ogni speranza, anche la più fatua, per reggere all'angoscia esistenziale.

Così appare nella vita di Lennon, e degli altri Beatles, il faccione del Maharishi Mahesh Yogi che con il suo sorriso inquietante promette un Nirvana "un tanto al chilo". L'illusione della vita senza karma venne frustrata dalla passione della "carne" che, come tutti sanno, il guru mostrò ammiccando a Mia Farrow.

La deludente esperienza fece dire a Lennon:

"Sexy Sadie, hai quello che ti meriti. Per quanto tu creda d'essere grande hai quello che ti meriti.Abbiamo dato tutto ciò che avevamo solo per sedere alla tua tavola; bastava un sorriso per illuminare tutto"

(Sexy Sadie, '68)

Gli avvenimenti si rincorrono nel disordine cronologico. i Fab Four, dopo "SGT Pepper's", diventano la pietra di paragone per la musica moderna; Brian Epstein abbandona il ring della vita battuto inesorabilmente dalle sue innumerevoli nevrosi.

Paul Mc Cartney si adopera come può per tenere unito il gruppo mentre George si abbandona nelle braccia di Khrisna alla ricerca di un mondo scandito dai Mantra. Invece Ringo si guarda attorno smarrito implorando che qualcuno lo svegli dal suo torpore. E Lennon?

Lennon incontro Yoko Ono, artista giapponese d'avanguardia, con la quale si inoltrerà verso nuovi sentieri artistici e, soprattutto, umani, per ricercare nelle strade dei suoi sogni il proprio “IO” nascosto, cercato e mai trovato da quando:

"La mia mamma è morta. Non riesco a crederci, sebbene sia successo così tanti anni fa. E' difficile da spiegare un cosìgrande dolore"

(Mother, '70)

Ha così inizio, sotto l'influenza di Yoko Ono, la stagione delle follie, del non-sense, dell'ironia acida e sprezzante, del velleitarismo, dell'ingenuità populista, della spoliazione del mito Beatles.

La ricerca è per scoprire una nuova consapevolezza, il proprio “IO” finalmente libero dalle pastoie del mito. Solo così si spiegano il matrimonio a Gibilterra, i Bed-In nelle camere di alberghi, lo scandalo della copertina "Two virgins", il viaggio di nozze surreale:

"Trasferitici dall'Hotel Hilton di Parigi a quello di Amsterdam, parlando dei nostri letti per una settimana. I giornali dissero: "dite che cosa state facendo nel letto?" io dissi: "stiamo solo cercando di ottenere un pò di pace"

(The ballad of John & Yoko, '69)

il rinnovato interesse per la pace dell'umanità:

"Tutto quello che stiamo dicendo è: diamo una possibilità alla Pace"
(Give Peace a change, '69)

la droga suadente e perversa:
"Trentasei ore rotolandomi nella paura, pagando qualcuno per liberarmi di nuovo. Oh, sarò bravo, fammi star bene; ti prometto qualsiasi cosa, ma tirami fuori da quest'inferno"
(Cold turkey, '70)

l'ingenua politica populista:

"Un milione di operai che lavora per nulla, fareste meglio a dar loro quello che gli spetta. Vi butteremo giù quando arriveremo in città."
(Power to the people, '71)

l'angoscia esistenziale bisognosa di liberazione:


"Perchè noi siamo al mondo? Sicuramente non per vivere fra paura ed angoscia; perchè te ne stai lìper terra quando sei in ogni luogo? Vieni e prendi la tua parte"

(Instant karma, '70)

la terapia psico-analitica del "santone" Janov:
"Tieni duro John, andrà tutto bene, vincerai la lotta"
(Hold on, '70)

la scoperta del proprio "io" e della realtà che muta inesorabilmente:

"Ieri io ero il tessitore di sogni ma adesso sono rinato. Adesso sono solo John. E così, cari amici, dovete andare avanti da soli, perchè il sogno è finito"

(God, '70)

il vetriolo scagliato nel viso di Mc Cartney:

"La solo cosa buona che hai fatto è Yesterday, e da quando te ne sei andato sei solo Another Day"

(How do you sleep?, '71)


la politica radical-chic Newyorkese:






"Gli hanno dato dieci anni per due joints, che altro possono fargli?"






(John Sinclair, '72)










fino ad approdare ai delicati giochi della mente:











"Amore è la risposta; amore è un fiore. Dovete lasciarlo crescere"




(Mind games, '73)










Lennon, nonostante le sue innumerevoli esperienze, è sempre in bilico tra inferno e paradiso; sempre alla ricerca del gesto e della parola che indichino, una volta per tutte, la via da percorrere, finalmente fino in fondo. E così nuovi avvenimenti riempiono la sua realtà: la separazione, temporanea, da Yoko, l'alcool, la droga, l'oblio della fantasia creativa, la depressione. Poi, all'improvviso, le ombre fuggono lontane.




Ritorna Yoko ed arriva anche il figlio tanto atteso, Sean. Lennon, d'un tratto, si trasforma in "animale domestico". Lascia da parte chitarre e microfoni e s'immerge in pannolini ed omogeneizzati, tra fornelli e ninne-nanne. Lennon è cambiato. Non incide più, non crea più, mentre il suo alter-ego Mc Cartney invade il mondo con gli ennesimi hits.




E proprio mentre tutti i critici musicali cominciano a credere che davvero Lennon abbia chiuso con la musica, ecco che con una zampata da vero artista assolutamente imprevedibile, esce sul mercato "Double fantasy". C'è più equilibrio, più docilità, più sentimento, più umanità. Lennon si è finalmente fermato. Ha scoperto la sua dimensione umana, ha raggiunto il suo culmine non artistico ma umano.




Partito dalle musiche e dagli atteggiamenti da ribelle dei primi anni '60 approda all'inizio degli anni '80 ad un lirismo fatto di tensioni non più sociali, non più generazionali, non più politiche ma semplicemente esistenziali, quotidiane, ordinarie. La musica è dolce e rilassata.




Anche i testi fanno trasparire questa ritrovata "umanità.":











"Donna, io so che tu capisci il piccolo bambino dentro l'uomo. Per favore, ricorda che la mia vita è nelle tue mani. Ti amo, ora e per sempre"




(Woman, '80)










I solchi del disco sono pieni di un lirismo struggente che prende alla gola già nelle prime battute di "Just like startin' over", dove la voce di Lennon evoca vecchie e lontane immagini che si dissolvono nell'attesa di giorni pieni di speranze. Proprio quei giorni che Lennon non vedrà mai più. 




Noi, comunque, non vogliamo ricordare Lennon come se fosse un monumento, quasi che la sua morte violenta lo faccia diventare "santo" a tutti i costi.




Noi lo vogliamo ricordare per la sua musica, la sua poesia, le sue nevrosi, i suoi eccessi, la sua ironia, la sua utopia, il suo anticonformismo, la sua ingenuità. Lo ricordiamo perchè è stato un simbolo di un'epoca, perchè ha saputo trasmetterci una sana inquietudine: quella di dubitare sempre. Di tutto, di tutti, anche di noi stessi.




Lo ricordiamo perchè ci ha fatto capire quanto importante sia non darsi mai per vinti e combattere sempre. Con le armi dell'ironia, dell'intelligenza, del dubbio, della critica, della rabbia e della saggezza. Abbiamo amato ed ameremo Lennon perchè almeno ci ha dato la gioia di poter sognare un modo diverso di concepire la vita, un mondo migliore da costruire:











"Immagina che non ci siano stati, ... niente per cui uccidere o morire, ... immagina tutta la gente vivere in pace, ... nè esigenze di avidità o cupidigia ma fratellanza. Puoi dire che sono un sognatore ma io non sono il solo spero che un giorno ti unirai a noi ed il mondo sarà una cosa sola"




(Imagine, '71)










"Cobra sei a Centrale. Siamo sul posto. Abbiamo disarmato l'omicida. Si chiama Chapman. Mark David Chapman. Ha venticinque anni, bianco, corporatura robusta. Ha sparato cinque colpi con una 38 Special.




Tre sono andati a segno. Lo abbiamo ammanettato e adesso lo portiamo in centrale.




Continua a ripetere: "Ho ucciso Lennon, ho ucciso Lennon". 




Mandate anche altre auto perchè la zona si sta riempiendo di gente che affluisce da tutte le parti.




L'ambulanza sta partendo in questo momento per l'ospedale ma non servirà. Credo che quell’uomo non arriverà vivo in Ospedale. Passo"




"Centrale a Cobra sei avete identificato la vittima? passo"




"Cobra sei a centrale. Lo abbiamo identificato. Tenetevi forte: la vittima è John Lennon. Ripeto: John Lennon. Passo e chiudo".










L'auto sgommò e partì veloce diretta alla centrale mentre la strada si riempiva sempre più di una folla attonita ed incredula. Mentre la notte si incattiviva sempre più esaltando il gelo che entrava nelle carni frantumando le barriere dei vestiti, la principale radio di New York interruppe le sue trasmissioni (era in onda una commemorazione di Jim Morrison...) annunciando mestamente:




"Dear friends, we are in darkness: tonight at 22,30 in front of the Dakota Residence our loved John Lennon is dead..."




Lo speaker snocciolò la sua cronaca così come si recitano le litanie mentre l'oscurità della notte diveniva sempre più fatua di fronte alle migliaia di fiammelle che s'accendevano, una dopo l'altra, di fronte al Dakota. Era iniziato il pellegrinaggio che avrebbe portato, fisicamente e spiritualmente, milioni di persone alla commemorazione funebre di due giorni dopo.




Quando cade una stella si esprime sempre, almeno così ci hanno insegnato, un desiderio.




Noi lo esprimiamo, questo desiderio, per Lennon ricordandolo con nostalgia affinchè la vita ci trovi nel desiderio di libertà e perchè, finalmente, gli uomini comprendano davvero che:




"All we are saying, is give peace a change".




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