La seconda edizione di “Siam venuti a cantar Baggio…” ha dato
lustro ad alcuni artisti che abitano il nostro quartiere. Un lustro di cui ben
sappiamo da sempre ma che, spesso, rimane nascosto a cavallo tra varie e differenti
situazioni ed opportunità di mettersi in mostra. Questa rassegna, che nella sua
seconda edizione è stata supportata anche dal Consiglio di Zona 7, ha voluto sostenere la bellezza dell’arte che
proviene dal basso e che cerca di portare questo valore all’attenzione di tanti
appassionati di musica che sono intervenuti, in maniera massiccia, ad ascoltare
le tre serate di musica. Tre serate
composte da gruppi
e sonorità completamente
tra loro. Vogliamo
scrivere queste righe per
ricordare queste tre
serate e segnalare
questi artisti. Senza
fare la cronaca filologica delle serate credo
opportuno ricordare le caratteristiche artistiche di ciascuno degli artistiche
si sono esibiti sul palco di Spazio
Teatro 89.
Paola Franzini, che si è esibita con Antonio Ferrario alla chitarra, è fine interprete di canzoni
popolari milanesi ma, anche, di sue composizioni ricche di grazia e poesia.
Paola non è una musicista professionista ma possiede una grande grazia e
delicatezza nel proporre i brani che non è possibile non fare religioso
silenzio quando canta per poter ascoltare con attenzione le liriche deliziose
che Paola propone. Canta di Milano ma anche di Baggio e dei suoi luoghi e
personaggi.
I Locking up project, con la partecipazione di Luciano Garofano (liutaio presso le Officine di Zoia) alla tromba,
hanno costruito un set di grande tensione artistica, in particolare laddove si
sono incamminati sulla strada dell’opera di Michel Petrucciani, indimenticato
pianista jazz di origine francese. In particolare da segnalare la grande
perizia strumentale della band “base” che, con piano elettrico, basso e
batteria, hanno saputo catalizzare l’attenzione di tutto il pubblico con
passaggi strumentali di grande pregio.
Ancora jazz con Sexteth in the city, un ensemble di
grande classe che ha fatto inoltrare il pubblico in standard del jazz cantati e
suonati con modalità di grande classe e passione. Capitanati dal chitarrista
elettrico Roberto Bassi, la band ha
dato lustro ad tutta una serie di brani che non sono semplici da ascoltare ma
una volta entrati nel giusto climax musicali se ne rimane attratti in maniera
davvero indelebile. ,
The Insett bit band, sono un gruppo che si esprime sul filo della
filologia Beatles in quanto rappresentano un ponte tra i nostri tempi e le
canzoni, immortali, dei Beatles. Non si sbaglia mai quando la band è sul palco
a suonare perché le atmosfere raccontate dalle canzoni proposte son davvero un
beneficio per le orecchie e per l’animo. I Beatles sono un dono per l’umanità e
come tali vanno preservati e raccontati come meglio possibile.
Quando arriva sul palco il gruppo
de Le Nuove Onde ci si chiede da
quale mondo siano sbarcati….Tutti ben maturi nell’età ma con una carica di
musicalità e rock da fare invidia. Eagles, Kinks, Elvis…con loro si ascoltano
le musiche degli anni ’60 e ’70 con la passione che, spesso, anche artisti
professionisti, si sognano. I ragazzi sono davvero bravi e riescono a
trasmettere il desiderio di chiedere di non finire mai tanto il loro repertorio
è vasto e gradevole.
Il DUO the Flight è composto da Mario Cominotti al flauto, armonica e voce e Giulio Quario alla chitarra acustica. Un duo esplosivo che ha
appassionato la platea con brani provenienti dall’epoca del rock
progressivo. Genesis, Led Zeppelin, Jethro Tull…un mondo fatto di grandi suoni,
affascinanti e suggestivi. Mario Cominotti è una sorta di deux ex machina che
suona, canta, improvvisa, soffia nel flauto come un forsennato che sa che cosa
vuole ottenere e suscitare nel pubblico. Un grande istrione che ha al suo
fianco un chitarrista di grande spessore artistico com’è Giulio Quario. Un set,
il loro, che riporta indietro le lancette della storia musicale del rock.
Tante le figure di persone mature
in questa rassegna. Ma anche il mondo giovanile è stato ben rappresentato. Il
gruppo dei The Third wave è
cresciuto dall’esibizione dello scorso febbraio ed ha proposto, una serie di
brani originali. Il bravo Leonardo
Viviani si è dimostrato ottimo front man cantando con grande naturalezza,
nonostante la sua giovane età. Brani cantati in inglese e con suoni del rock
anglosassone che spaziano dal punk ai suoni che ricordano le atmosfere dei
DOORS. Una bella esibizione che ipoteca un buon futuro artistico per questi
ragazzi. Sempre che decidano di proseguire in questa attività artistica.
Buon ultimi il progetto Jethro Tull Benefit Tribute Band dove
oltre che la presenza di Mario Cominotti
e Giulio Quario segnaliamo quella di
uno spettacolare chitarrista qual è Walter
Marocchi che con la sua Gibson elettrica ci ha ricordato le belle atmosfere
chitarristiche dei brani dei Jethro Tull e del suo storico chitarrista, Martin
Barre. Il gruppo inglese si è sciolto dopo ben 46 anni di carriera ed ascoltare
i loro brani con questo tipo di riscontro è davvero interessante e fa arrivare
un po’ di nostalgia da parte del pubblico. Una esibizione esplosiva la loro che
ha chiuso in bellezza una rassegna di grande livello artistico e culturale.
Oltre che relazionale e sociale. Ma l’esperienza non finisce qui perchè quando
si comincia a lavorare insieme sorgono spontanee idee ed opportunità. Viene
voglia di condividere altre situazioni magari immaginate ma mai pensate come
possibilità di concreta realizzazione. Come si suol dire l’appetito
vien…suonando. La storia continua…
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