Qualche
minuto prima si era tutti al centro del Parco di City Life per l’intitolazione
della via che lo attraversa al grande musicista e ricercatore sonoro Demetrio Stratos con tanti musicisti
presenti a testimoniare l’affetto che ancora molti suoi colleghi ed amici
nutrono, a 38 anni dalla sua scomparsa, nei suoi confronti. Dopo il bel
discorso dell’Assessore alla Cultura, Filippo
Del Corno e le foto di rito sotto l’insegna in marmo che indica la via, che
ha indicato le ragioni di questa intitolazione, è stato ricordato l’appuntamento
allo spazio aperto Arianteo per le ore 20.00. Appuntamento che non potevo
perdermi visto che ho assistito, casualmetne, al primo concerto degli AREA a Milano così come ero all’Arena
per il concerto del 14 Giugno del 1979, organizzato per raccogliere fondi per
le cure destinate a Demetrio Stratos,
ma che si risolse in una commemorazione. Insomma, gli AREA mi piacevano, anzi, mi
piacciono ancora. Ed ancora di più mi piace il fatto che il Comune di Milano
abbia dedicato una via in suo nome (in verità ci sarebbero in attesa Giovanni Pesce, Beppe Viola, Vladimir
Visotsky, Helenio Herrera, Nereo Rocco, Eugenio Curiel, Roberto Leidy…ma
questa è un'altra storia, anche personale…). Un grande gruppo quello degli
AREA, cento anni avanti a tutti gli altri, senza nulla togliere ai grandi del
progressive rock italiano degli anni ’70. Ma loro erano diversi, loro erano
immensi ed avevano, a differenza delle band stellari di Miles Davis e dei Wheater
Report un cantante di nome EfstràtiosDimitrìu, ovvero Demetrio Stratos, dove, è bene
ricordarlo, il primo era il nome mentre il secondo il cognome. Ma questo è un
dettaglio….Stratos, che dopo una gavetta in vari gruppi beat passò ai Ribelli del Clan di Celentano per poi intraprendere la
carriera di cantante degli AREA, prima e di grande sperimentatore vocale, poiQuello
che importa veramente è il ricordo pensato in onore di questo immenso musicista
che una malattia davvero infame se lo porto via che non aveva ancora 34 anni
anche se pareva aver già vissuto più vite.
Aveva talento, aveva personalità,
aveva una voce incredibile e sciamanica, una voce che inghiottiva il passato ed
il presente e che avrebbe masticato il futuro. Una voce che ti scavava nel
cuore e nell’anima e che non lasciava tranquilli. Tutta la discografia degli
AREA è una sorta di inno a suoni inaspettati, stordenti, assoluti, mentre la
voce di Demetrio era sangue, carne, vita, mistero, sciamanesimo raccolto nel
cuore di una città “disadattata”, “bella e impossibile” quale era la Milano
degli anni ’70 tra visioni di futuro e sangue sulle strade. Dopo la morte di
Demetrio gli AREA non furono più gli stessi. Certamente abbattuti dalla morte
del loro cantante e compositore ma, anche, fagocitati da una distorta etichetta
ed uso della funzione del musicista militante: “se siete compagni dovete suonare gratis…”. Un ricatto inaccettabile
ma che, in quegli anni “disordinati” funzionò così bene da distruggere carriere
artistiche di grande spessore. Ma per tornare ad oggi, 13 Giugno del 2017, è
giusto sottolineare come i tempi siano cambiati anche attraverso
l’intitolazione di una via dedicata ad un musicista originale come lui era. Una
via posta al centro del nuovo quartiere di City
Lifee che si incrocia con la via Luciano
Berio quasi a simboleggiare una sorta di incontro tra generi musicali
apparentemente inconciliabili anche se poi la musica dovrebbe dividersi
solamente in due categorie: quella bella e di qualità e quella scarsa. Il resto
sono “congetture”. Ed il post inaugurazione, avvenuto anche alla presenza
dell’Assessore al Bilancio, Roberto
Tasca, ha visto la presenza di molti musicisti (alcuni dei quali presenti
al concertone dell’Arena del 14 Giugno del 1979) che hanno ricordato l’amico
Demetrio esibendosi allo spazio aperto Arianteo, posto a cento metri dalla
nuova via. Sotto l’egida di Radio Popolare
(che ha mandato in diretta l’evento) e con la solita dinamica ma precisa
direzione di Claudio Agostoni, la
serata si è dipanata con la presenza di tanti amici di Demetrio che lo hanno
ricordato in una set molto condensato ma altrettanto pieno di calore ed
affetto.
Così, alla presenza di sua moglie, Daniela Ronconi, sul palco, di fronte ad un migliaio di spettatori,
si sono si sono alternati vari amici e
musicisti i cui interventi hanno ricordato l’affetto provato per l’amico scomparso.
Pronti, via, e sul palco è salito Paolo
Tofani che ha letto una sua lettera destinata all’amico. Una lettera colma
di affetto e di immagini personali che hanno fotografato l’uomo ed il musicista
conosciuto dal compagno di avventure negli AREA. Poi, dopo i saluti
istituzionali dell’Assessore Del Corno e “due parole due”, tanta l’emozione, di
sua moglie, Daniela Ronconi, è stata la volta della band di Giorgio “Fico” Piazza, primo bassista
della PFM che, insieme a Pino Scotto alla voce,JanMerec alla chitarra e Sergio Poggi alla batteria, ha subito
scaldato la platea con le versioni toniche di “YoureallyGot me”, dei Kinkse “Long tall Sally” di Little Richard. Poi è salito sul palco
il folletto Ricky Gianco, bravo e
simpatico come sempre, che ha ricordato di aver prodotto il primo lavoro di
Demetrio “che aveva una voce spaventosa”
ha ricordato, da tenere a bada. Insieme all’immenso e sempre con atteggiamento
“umile”Patrizio Fariselli, Gianco ha
sciorinato una versione da brividi di “Pugni chiusi”, un brano scritto
proprio dall’artista lodigiano. Un bellissimo momento pieno di classe e
nostalgia. Non c’è tempo per i ricordi che subito sale sul palco Antonio Oleari che ha scritto un libro
sulla vita di Demetrio, “Gioia e rivoluzione di una voce”, e che
ha ricordato di come molte delle persone contattate perché gli parlassero di
Demetrio fossero, all’inizio, molte riservate quasi a temere di contaminare” un
vecchio rapporto di amicizia. Ma poi tutti si sono lasciati andare alla
“lettura! della memoria. Il bravo Roberto
Masotti e sua moglie, Silvia Lelli,
hanno parlato del loro libro fotografico su Demetrio e gli AREA. Un libro che
ha cercato di scavare davvero all’interno del mondo del gruppo e del mistero
Stratos tanto che la Lelli ha ricordato di quando chiese a Demetrio di potergli
fotografare la sua bocca quasi a volere “guardare” i suoni che sgorgavano dalla
sua gola, dalla sua laringe, dalla sua lingua. Un rapporto, questo, di una
intimità assoluta.
E’ poi salito sul palco il Maestro Carlo Boccadoro che ha ricordato, e letto, un mesostico (dal greco
“medio” e “verso”, in cui le lettere o sillabe o le parole centrali di ciascun
verso formano un nome oppure una frase compiuta) dedicato da John Cage a Demetrio. Un testo, il suo,
molto particolare ed intenso. Un testo che descriveva perfettamente la
personalità di Demetrio. A sorpresa, chiamato da Boccadoro, è salito sul palco Eugenio Finardi che, accompagnato al
piano elettrico dallo stesso Boccadoro, ha proposto una delicata versione della
sua “Ninnananna”.
Il Maestro Boccadoro saluta e sul palco salgono Mauro Pagani e Fabio Treves.
Mentre Finardi ricorda come la figura di Demetrio fosse per lui quella di un
fratello maggiore che incontrò alla Numero
Uno di Lucio Battisti e Mogol e poi, insieme, trasmigrarono
alla CRAMPS dove avrebbero partecipato
alla creazione di un mondo musicale assolutamente unico ed inimitabile. Treves,
da parte sua ha ricordato del concertone all’Arena, in sua memoria e di cui
oggi ricorre l’anniversario, e di come non fece salire sul palco a suonare un
giovane artista napoletano presentatosi con la sua chitarra al seguito. Quel
ragazzo era un quasi sconosciuto Pino Daniele.
Mauro Pagani ha invece sottolineato l’importanza della musica nella vita di
ciascuno e come questa cambi le persone in meglio. E poi, via, per una bella
esecuzione di “Hold on”, un gospel cantato da Finardi con la sua
impareggiabile forza evocativa, con l’armonica di Treves ed il violino di
Pagani a ricamare note sul suo canto. Subito dopo è la volta del Maestro Gaetano Liguori (e così ci si rende
contro che sul palco sono transitati ben tre Ambrogini d’oro…)che attacca la
sua “Cantata
rossa per Tel al Zaatar” a cui partecipò Demetrio cantando le liriche
composte dal poeta Giulio Stocchi.
Una altro momento molto inteso e suggestivo propiziato dalle note liquide
scaturite dal piano dell’intramontabile Gaetano Liguori.Ida Marinelli, tra le prime artiste a lavorare al Teatro dell’Elfo quando la sede era in
via Ciro Menotti 11, ricorda degli incontri, suoi e di altri attori, in casa di
Demetrio il quale era sempre molto generoso con loro, artisti in via di
“definizione”.
Li aiutava sostenendoli nel percorso di crescita canora,
dispensando consigli con maestria e saggezza e senza mai un briciolo di supponenza.
Artisti che poi ospitava a cena con l’ausilio di Daniela (Ronconi). Dalle sue
parole è emerso il ritratto umano fatto di attenzione e delicatezza anche nel
ricordo di quando gli chiesero di lavorare ai suoni del loro spettacolo “Satyricon”,
di Petronio ed anche in
quell’occasione lui si dimostrò un grande professionista ed una grande persona.
Un racconto lungo ed articolato fino a giungere al momento del suo ingresso in
Ospedale e poi…più nulla…Enrico Merlin
e Valerio Scrignoli hanno invece
“invaso” il palco di suoni aspri scaturiti dalle loro chitarre elettriche e da
tutti gli aggeggi elettronici delle pedaliere. Suoni che hanno visto anche
“galleggiare” reminiscenze di “Luglio Agosto, Settembre (nero)” il
cui riff iniziale è sempre un vero colpo d’ariete nel novero delle mille
emozioni che gli AREA hanno saputo trasmettere. Francesco Schianchi, che lavorò in CRAMPS ed è nel novero dei
fondatori di Radio Popolare, ha ricordato l’umanità, le radice greche di
Demetrio e la sua capacità di essere uomo di raccordo tra mondi diversi. Oggi è
facile parlare di musica del mondo ma a metà degli anni ’70 chi riusciva ad
intravedere mondi diversi da quelli classici (musica classica, rock, jazz,
blues, cantautorato…) non era certamente “profeta in patria” ma Demetrio e gli
AREA questo coraggio lo mostrarono ed oggi, ancora, se ne trovano le tracce a
torto ritenute dimenticate…(ed anche Mauro Pagani lo aveva capito…ed il suo
album d’esordio solista, “Pagani” del 1978 anticipava il
capolavoro “Creuza de ma” concepito e generato con Fabrizio De Andrè). E poi tocca a loro…AREA International (POP)ular Group: Patrizio Fariselli al piano
elettrico, AresTavolazzi al basso
elettrico, Paolo Tofani allo shankatrikanta ed alla batteria un figlio d’arte, Nico Capiozzo “sostituto” di un
inarrivabile genitore quale fu Giulio
Capiozzo, batterista/percussionista che vantava numeri ritmici strepitosi.
Anticipata dal suono di “Cometa Rossa” arrivano i suoni e le
liriche, cantate da Tofani, de “La mela di Odessa”. Due brani di
metà anni ’70 tutt’ora attuali, nuovi, freschi e musicalmente titanici. Una
versione molto “sorridente” e quasi scanzonata (vedi il “richiamo” di Tofani a
Tavolazzi) ma che ben rende l’idea di quale grande qualità fosse
nascosta/evidente (scusate l’ossimoro) nella musica di questo strepitoso gruppo
di avanguardia musicale. Gli applausi non sono ancora terminati che tutti i
musicisti intervenuti salgono sul palco per una bella e nitida versione di “Gioia
e rivoluzione” cantata da Eugenio Finardi che, in questa serata, ha
fatto percepire il grande affetto che lo lega ancora alla figura di DemetrioStratos.
E’ una grande festa popolare, con l’armonica di Treves a scardinare note su
note, il violino di Pagani in versione quasi country, il paino liquido di
Fariselli e chi più ne ha più ne metta (di emozioni, intendo…). E siccome il
pubblico non ha voglia di andare a casa (anche perché poi assisterà alla
proiezione del film documentario “La
voce di Demetrio Stratos” di Luciano
D’Onofrio e Monica Affatato) la
serata musicale si chiude sulle note di“Luglio Agosto, Settembre (nero)”in
una sorta di jam session “disordinata” e liberante. Una versione che indirizza
lo sguardo di molti dei presenti si rivolge al passato perché questa dimensione
è, nel bene e nel male, una delle poche certezze della vita in quanto non lo si
può cambiare ma, al contempo, si volge verso il futuro perché su quello, forse,
ancora qualcosa è possibile fare per farlo volgere al meglio…Tanti abbracci tra
le persone, amici, artisti che si sono ritrovati per l’occasione (tra i tanti è
da segnalare la presenza del Maestro Franco
Mussida e di Massimo Priviero
all’inaugurazione della via e del promoter Claudio
Trotta al concerto) e che hanno ritrovato l’ebbrezza degli anni trascorsi
alla ricerca del Sacro Graal della “gioia e rivoluzione” possibile attraverso
la musica. Impresa titanica spesso, per molti, non andata a buon fine, ma ci
sono desideri che non appassiscono ed anche il ricordo di un tempo, di un
mondo, di “sorrisi/lacrime/parole” ormai figlio del passato, può aiutare a
meglio sopportare tempi certamente difficili, diversi e, per certi versi anche
un po’ “insopportabili”. Ma questa è la vita da affrontare a “pugni
chiusi”, per evitare di perdere la “consapevolezza” in una
dimensione dove governa la “gerontocrazia” nelle nostre odierne
“megalopoli”
in cui si vive a “nervi scoperti” in pieno “caos” da anticipo di una sorta di “lobotomia”
esistenziale. Allora, dopo una serata come questa è giusto, opportuno, naturale
alzare guardarsi intorno in attesa che appaia, dal mondo della magia, un “elefante
bianco” oppure, forse ancor meglio, scrutare il cielo notturno e
stellato in attesa del passaggio di una “cometa rossa” di cui in tanti ci
hanno parlato ma di cui pochi hanno avuto realmente il segno della sua
esistenza.
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