martedì 9 febbraio 2021

Bruce, la Jeep e l'America...

 Uno spot, in fondo non si è trattato altro che di uno spot pubblicitario. Un prodotto mostrato nel corso del 55° Super Bowl, il momento sportivo più importante della stagione sportiva americana. Poteva essere uno spot ordinario, con tante luci, immagini veloci a rincorrersi fra loro, a dialogare e “litigare”, a colpire per la loro levigatezza e con la musica, in sottofondo, a declamare il prodotto come una banda di tamburini. Ma il testimonial scelto per lo spot della Jeep non è un uomo comune, non è un uomo “normale”. Per lui è la prima volta in assoluto e poi, lui, una Jeep la possiede già, è un modello del 1980, un po' datata. Come lo è lui, forse…ma solo per l’età, perché per il resto lui, Bruce Springsteen, è la gioventù che si è colmata di saggezza. Era presente all’insediamento di Barak Obama ed era presente per quello di Joe Biden. La differenza era nel numero di persone presenti. Due milioni per Obama poche migliaia per Biden. Ma ora c’è la pandemia allora c’era la speranza di superare la terribile crisi generata dai fondi speculativi e dall’enorme, immane, vergognoso sperpero di denaro per la guerra in Iraq ed in Afghanistan. Quest’uomo non ha mai avuto paura di dire che cosa ne pensasse di Trump, non ha mai accettato di farsi scendiletto di un Presidente (anche Reagan ebbe le sue metaforiche “sberle” quando cercò di impadronirsi di “Born in the USA”…). Lui, ragazzo del New Jersey destinato, forse ad una vita da disadattato, diventato un mito che ha saputo attraversare cinque decenni di vita artistica rimanendo sempre legato al suo Paese ed al suo piccolo mondo antico di Freehold e dintorni. Lui di cui Barak disse “io sono il presidente, lui è il Boss” a voler sottolineare della figura di Springsteen nella cultura popolare degli Stati Uniti d’America. E questo spot non è per niente un richiamo commerciale ma, prendendo spunto dalle immagini che hanno accompagnato “Western Stars”, è una sorta di viaggio totemico alla ricerca delle radici dell’America profonda ma vera, onesta, combattiva. L’America delle opportunità che cerca di dare a tutti una chance. E’ l’America raccontata in tante sue canzoni, portata per mano sui palchi di tutti il mondo. E’ l’America forse mitizzata ma presente nell’immaginario di tanti attraverso i film western e l’agiografia del cammino negli spazi aperti, dell’eroe solitario, del Nathan/John che, in “Sentieri selvaggi” rimane fuori dalla porta di casa perché lui non può entrare in quella casa e fermarsi: perché lui ha sempre una missione da compiere. Così questo spot, nelle mani e nei pensieri dell’uomo del New Jersey diventa qualcosa di grande, di sublime, di iconografico, di immenso. Il messaggio pubblicitario rimane sullo sfondo, nemmeno si percepisce. Invece la storia, la sua profondità, la sua morale, il suo obbiettivo…quelli, invece, si percepiscono bene. Osservando una ruota si guarda al suo centro dove tutto converge. E le immagini partono guardando ed allontanandosi da una piccola chiesa, situata in uno sperduto paesino del Kansas chiamato Lebanon. E questa chiesa è al centro degli Stati Uniti d’America. Il centro attorno cui tutto ruota. Chiamarla chiesa è forse troppo, allora va bene anche cappella. Ma nella sua “piccineria” ha una particolarità: è sempre aperta e tutti possono entrarvi, benvenuti, per cercare ristoro nella fede, nella preghiera o, magari, per una sosta silenziosa per fermarsi a riflettere nel lungo viaggio. Attraverso l’America, attraverso la vita. Con tutti i suoi dubbi, contraddizioni, conflitti, dolori, ripensamenti, pentimenti, speranze. Una cappella nella quale ritrovare se stessi facendosi le domande della vita, cercando in se stessi, senza bugie, la propria essenza insieme alla luce per continuare nel cammino. Non ci sono servi né segreti in quella cappella, ci dice Bruce, ma solo il desiderio di sentirsi liberi, affrancati da paure e schiavitù. Il desiderio di sentirsi cittadini e benvenuti da qualunque luogo si provenga perché al viandante, al pellegrino non si fanno domande ma si cammina al fianco. Immagini e parole sobrie ma toccanti che ci portano laddove c’è “l’oscurità ai margini della città” ma con la consapevolezza che ora la strada la si vede e che la speranza non è più una chimera o una meta da raggiungere ma il più fidato dei compagni di viaggio. Non li si vede, ma accanto a lui, su quella Jeep, ci sono Woody Guthrie, Pete Seeger e Bob Dylan. Ma, anche, tutte quelle moltitudini che sono state rivelate in “American Land”: che hanno fatto grande l’America e non lo sapevano. Lui è Bruce Springsteen, non solo un grande artista, non solo il più grande performer di tutti i tempi ma, soprattutto, un uomo che ha scelto una strada: quella della libertà e l’ha intrapresa con coraggio. Poi si è voltato e con lo sguardo ci ha chiesto quando saremmo partiti anche noi. (Re) United States of America. (Re) united all people in the world. (Re) united ourselves…         

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