martedì 7 febbraio 2023

Bruce Springsteen

 

E’ partito il tour mondiale di Bruce Springsteen ed ho avuto modo di vedere su you tube, come tanti, degli spezzoni del concerto di Tampa. Un buon inizio con una impeccabile confezione e lui sempre a dirigere la band. Un concerto che mi è piaciuto e che fa ben sperare per le date italiane. Ho letto, però, anche molte critiche, innanzitutto per la questione del “dynamic pricing” per i concerti americani (e su questo, lui e il suo management, hanno commesso un errore imperdonabile). Inoltre, molti hanno sottolineato il fatto che, ormai, ricco da tempo, il leggendario pathos è ormai oscurato da questa condizione da benestante. Tutto corretto ma, forse, fuori “fuoco” rispetto alla realtà del tempo che scorre e all’età che avanza, inesorabile, per tutti. Non siamo più, da tempo, davanti al Boss dei concerti al Main Point, al Roxy, al Winterland, a Passaic, a San Siro prima che diventasse Meazza e ai concerti al Meazza del 2016. Ma quello che è stato rimane. Rimane l’innamoramento dell’incontro di Greetings, lo stupore per il suono di Wild, la potenza di Born e i leggendari concerti di Darkness e The River…

E il primo concerto a Zurigo e poi Milano. La ricerca dei bootlegs/vinile migliori (se mai ce ne fossero mai stati), l’attesa per il nuovo album, gli articoli delle riviste musicali preferite, l’aspettativa per il prossimo concerto (dove, quando…?), la gioia della condivisione della passione delle sue esibizioni e l’indelebile memoria di quei momenti irripetibili. Lui è diventato ricco (e non da oggi), ma ha lottato (e immagino continui a farlo) con le sue depressioni. Noi, intanto, siamo cresciuti con lui (e con tutti coloro che abbiamo reputato potessero aiutarci…) e lo abbiamo scelto non per quello che era ma per quello che ci trasmetteva. Se è diventato ricco meglio per lui, ma il punto è che se la sua ricchezza ci ha fatto crescere la nell’etica, nella morale, nella dignità, nella poetica, facendoci affacciare a mondi di bellezza e passione, di gioia e consolazione…allora le sue ricchezze se le è guadagnate con sudore e fatica (come, per altro, abbiamo visto nel corso dei decenni).

Ora, il Jersey Devil va per i settanta quattro…non salta più, da tempo, sul pianoforte, non si lancia più sul pubblico, non suona più a raffica per tre ore di fila ma…lo ha fatto per decenni rimandandoci a casa dai suoi concerti più sfiniti (ma contenti) di lui. La voce non sarà più quella dei bei tempi però la band gira come una macchina ben oleata. Steve è tornato un figurino, Roy accarezza i tasti con la consueta perizia, Gary è la solita, pastosa, macchina ritmica, Max…è Max…potenza e grazia, Charlie è un delicato poeta della tastiera, Jake di cognome fa Clemons e onora lo zio, Suzy è ormai inamovibile sul palco e Patty fa la sua doverosa parte. Fiati e cori “cuciono” il tessuto della coperta che avvolge i sogni.

Non siamo più nel 1973, non siamo più in cammino in un confine oscuro alla ricerca del migliore guado del fiume. Ma in quel fiume siamo stati “battezzati” e ritornare ogni tanto alle sue sponde ci fa bene: si ritrovano le radici, i ricordi, si cantano anche i nomi di chi ci ha lasciato, si rivede la vita e, qualche volta, ci si riconcilia con se stessi…Lui, è bene rendersene conto, non è più il “fratello” Bruce, ma lo “zio” Bruce, anche nonno “Bruce”. Ma come le sue canzoni ci rimane, inesorabilmente, incollato al cuore… 

Miserie e splendori del gioco del calcio

 

Leggo, in questi giorni, molti commenti sulla decisione del giocatore dell’Inter, Milan Skriniar, di lasciare a fine stagione la squadra per approdare, con migliore ingaggio, al Paris Saint Germain. Il commento più gettonato è “traditore” perché i tifosi si sentono traditi dal fatto che la società, che poteva venderlo a 50 milioni di euro alla fine dello scorso campionato non lo ha fatto anche a seguito della presa di posizione del tifo organizzato. Oggi, quindi, la società che ha bisogno di liquidità non otterrà nessun introito da questa dipartita. La morale è che il calcio odierno altro non è che un maestoso affare economico e che tutta la retorica sull’attaccamento alla maglia non è che una pia illusione. Javier Zanetti e Franco Baresi, Francesco Totti o Paolo Maldini, Sandro Mazzola e Gianni Rivera (per non parlare di Gigi Riva) sono esempi più unici che rari. Quindi è bene che i tifosi non si aspettino nessun attaccamento ai colori sociali di cui si è appassionati. Il calcio, ormai, è uno spettacolo che deve generare denaro da mille rivoli e basta. Il resto è sovrastruttura (avrebbe detto Marx), il resto è noia (avrebbe detto Califano). La poesia del calcio vive, ormai, nei ricordi e, ad esempio, anche un po' nelle pagine, immortali, di Eduardo Galeano (di cui consiglio “Splendori e miserie del gioco del calcio”).

lunedì 16 gennaio 2023

Neve

 

In questi giorni, nel 1985, era in corso l’indimenticabile nevicata che ricoprì Milano. Una nevicata che creò molti problemi (tra cui lo sfondamento del tetto del nuovo palasport che, in seguito, non venne più costruito). Una nevicata che rese complicata la vita a migliaia di persone sia per il raggiungimento del posto di lavoro che per “il seppellimento” di migliaia di automobili che rimasero bloccate per giorni sotto la neve. Mezzi pubblici fermi o in difficoltà, luoghi di lavoro (ed anche residenze) rimaste senza riscaldamento. Una nevicata che, oltre le difficoltà, è rimasta nella memoria di tutti coloro che la vissero e “subirono”. Una nevicata che, forse, richiama non solo alla gioventù (trentotto anni sono tanti, quasi un tempo di lavoro valido per la pensione…) di chi l’ha vissuta ma, soprattutto, è la manifestazione concreta, visibile e reale del fatto che quel tempo è finito per sempre. La neve non la vediamo più. Né in città, né in montagna. E questo, lo sappiamo tutti, e bene, non è un buon segno. L’odore della pulizia, dell’aria, è scomparsa, dimenticata, volatilizzata.

Quell’incredibile colore bianco che si rifletteva su ogni cosa, che rendeva tutto quasi mistico, non è che un possibile ricordo su cui verrà posta, naturalmente, la pietra tombale. Quei giorni hanno, forse, rappresentato, una sorta di passaggio da un tempo ad un altro. Una sorta di porta temporale che abbiamo attraversato mentre in altri luoghi si stava progettando il futuro. Computer, telefoni cellulari, sistemi di comunicazione…Tutto era in divenire e quella neve pareva rappresentare il “passato”. Eppure  i moon boot, semplici ma efficaci, erano ai piedi di tutti (anche se la neve li penetrava allegramente). Eppure pur cadendo ci si rialzava e si proseguire verso il posto di lavoro, verso la scuola, verso i luoghi della vita. Si osservavano, con occhi meravigliati, i bulldozer militari che, con i cingoli, attraversavano la città (distruggendo il manto stradale) per rimuovere la neve (e, talvolta, seppellendo le auto parcheggiate ai lati delle strade).  

La neve, come le pasoliniane lucciole citate nel suo famoso articolo del 1° febbraio del 1975 su “Il Corriere della Sera”) è sparita dalle nostre latitudini, dal nostro orizzonte, dal nostro sguardo. Non l’abbiamo persa ma è lei che ci ha dimenticato. Forse ce lo siamo meritato…?

giovedì 12 gennaio 2023

Stadio Meazza

 Per il momento di sicuro c’è che fino al febbraio 2026 nessuno lo toccherà…

Mentre con le accise, la cui promessa di cancellazione/riduzione è passata dalla Lega a Fratelli d’Italia, il Governo, per usare un termine caro alla destra, “mette le mani nelle tasche degli italiani”, a Milano impazza il derby tra il vice primo ministro Salvini e il sottosegretario ai beni culturali Sgarbi, entrambi “scesi in campo” per lo stadio Meazza. Il primo lo vorrebbe abbattere, il secondo, invece, lo vorrebbe vincolare per non abbatterlo. Il dubbio amletico, quindi, è ora passato nelle mani del Governo che, si presume, dovrà supportare il Comune di Milano nelle sue decisioni a seguito di quanto emerso dal Dibattito Pubblico e dalla votazione dell’ordine del giorno presentato nella seduta del Consiglio Comunale del 22 dicembre scorso. Se poi il sottosegretario Sgarbi parla a titolo personale, come dice il vice primo ministro Salvini lo capiremo “solo vivendo…”.

Forza Lula

 In Brasile si sta ripetendo quanto accaduto il 6 gennaio di due anni fa a Washington: il disprezzo della democrazia. Dopo avere sepolto Pele' chi ha perso il potere (usato a detrimento dei meno abbienti, delle popolazioni indigene, dell'ambiente), tenta di seppellire il risultato del voto popolare. Spero che la parte sana del Paese e le sue Istituzioni sappiano reagire con determinazione vanificando questo tentativo di colpo di stato. E mi auguro che la richiesta di cittadinanza italiana di Bolsonaro sia una bufala. In Iran come in Corea del Nord c'è posto. Lo accoglierebbero a braccia aperte perché, come dice il proverbio, "chi si somiglia si piglia".

Giorgio Gaber

 Che Giorgio Gaber fosse un genio, nessun dubbio. Che ci manchi, anche. Che avesse visto il futuro (insieme a Sandro Luporini), lo abbiamo capito subito. Che fosse uno sferzante educatore civico non possiamo negarlo. Che venti anni senza la sua presenza in scena, sulla stampa, nel dibattito civile ed etico, siano stati duri da accettare è un dato di fatto. Ma dobbiamo anche riconoscere che siamo stati molto fortunati ad incrociare la sua vita artistica. Prima come “classico” musicista della canzone rock, leggera e sanremese e, in seguito, come grande lettore della società, della politica, della realtà (e di tutte le sue mancanze), delle difficoltà relazionali e personali dell’uomo calato un tempo sempre più complesso da decifrare.

Del rapporto di lavoro con Sandro Luporini abbiamo letto, nel tempo, articoli, interviste, libri ma quello che sorprende ogni volta è la loro straordinaria capacità di mettere a fuoco, in maniera incredibilmente lucida, concorde e sintetica, i guasti che la società del loro tempo non smetteva di produrre. Guasti che loro colpivano in maniera sferzante, ironica, efficace, spiazzante, destabilizzante. Guasti che cercavano di smascherare con l’arma dell’arte, della riflessione, dello sberleffo. Guasti che erano intorno a noi e che loro, come nella favola di Andersen, “Il vestito dell’Imperatore”, loro svelavano a tutti noi non lasciandoci alibi alcuno rispetto al nostro “schierarci” rispetto a quanto avevamo intuito, compreso, appreso. Rimangono, di questo grande artista/educatore, oltre che la memoria del suo agire sul palco attraverso i suoi spettacoli, la grande produzione artistica disponibile e l’intenso lavoro della Fondazione Giorgio Gaber che ne onora la memoria ma, soprattutto, rende la sua figura un costante punto di riferimento della riflessione politica del nostro Paese laddove il termine “politica” non si limita ad una parte ma si apre ad un pensiero molto più profondo e complesso dove emergono i bisogni dell’uomo persona e dell’uomo comunità che si fa storia. Grazie di tutto, Giorgio. Sappiamo che cammini ancora accanto a noi…

Patty Smith

 E sono settantasei....eppure il 1° agosto, al Castello Sforzesco, pareva ne avesse la metà. Sempre tonica e con la voce, quella voce, che diffondeva pathos e forza emotiva. Certo, il palco è un pò finzione e il backstage un altra e lì la fatica, certamente, emerge in tutta la sua forza. Ma eppure lei appare sempre orgogliosamente indomita e battagliera, combattente della parola e a noi piace immaginarla sempre immersa nella scelta della frase migliore accompagnata da note potenti ed evocative.

Lei appartiene alla generazione dei giganti della musica moderna e noi siamo stati fortunati a poterla e poterli ascoltare e ammirare sul palco. Grazie di tutto, Patty...

Pelè

 Danzava e come tutti i poveri aveva capito che possedeva un grande dono: quello di rendere felici le persone povere come lui era all'inizio della sua vita, della sua storia, della sua carriera. Ha vissuto in un tempo in cui non c'erano sponsor, in cui i palloni erano pesanti, dove i difensori non facevano complimenti, dove gli ingaggi erano certamente importanti ma irrisori rispetto a quelli odierni. Ha fatto sognare milioni di persone e fece del sorriso il suo biglietto da visita. Un grande poeta, un esteta del calcio, un interprete della saudade che diventava gioia quando lui era in campo. Pelè ci ha salutato. Pelè non se ne andrà mai. Come Diego, Come Alfredo. Come Johan. Come tutti coloro che, complice un pallone, hanno fatto dimenticare a milione di persone la durezza della vita e che, almeno una volta, hanno regalato loro la gioia di un ricordo senza fine. E ora, chissà che partite, lassù...

Gianni Sassi

 Per chi ha i capelli bianchi (oppure non li ha più…) ed ha vissuto la stagione culturale, musicale e sociale a cavallo tra l’inizio degli anni ‘70 e il finire degli anni ’80, il nome di Gianni Sassi è certamente familiare. E’ stato un personaggio certamente originale che ha saputo precorrere i tempi in tutti gli ambiti in cui si è impegnato. Pubblicità, poesia, musica, cibo, arte…Tanti sono i mondi attraversati da un uomo versatile che ha sognato molto e che non ha purtroppo avuto i ritorni economici attesi creando, a cascata, situazioni “complicate”. E’ scomparso prima che la tecnologia digitale facesse la sua comparsa in maniera invasiva e, pertanto, non ha avuto modo di poter esprimere ulteriori capacità di visione e di invenzione che, con le nuove tecnologie, avrebbero potuto dargli maggiore lustro e visibilità nel mondo della cultura. Popolare e “Alta” perché in entrambe non aveva problemi a porre il suo sigillo. Scomparso troppo presto dall’orizzonte terreno, Sassi verrà ricordato con l’intitolazione di una passeggiata nell’area di City Live (sarà in buona compagnia…con Demetrio Stratos…) e con un concerto che il 6 Aprile vedrà la presenza, al Teatro Lirico, da riempire, di alcuni musicisti che lavorarono nella sua casa discografica, la mitica CRAMPS. Sarà, ovviamente, un concerto unico ed irripetibile. E poi…il poi lo si dirà più avanti....

Stadio Meazza

 Stadio Meazza: come evitarne l’abbattimento.

Lo scorso 22 dicembre il Consiglio Comunale ha votato un ordine del giorno che, invitando il Sindaco e la Giunta a fare ulteriori proposte alle squadre Inter e Milan, certifica l’interesse pubblico per la costruzione del nuovo stadio con annessi gli interventi di vari servizi nell’area circostante. Non essendo ancora chiaro il futuro dello stadio Meazza (che dovrebbe essere “rifunzionalizzato”) mi è parso opportuno depositare un mio ordine del giorno che sostenga le motivazioni per evitare l’abbattimento dello stadio Meazza. Un’operazione che, oltre creare un non indifferente danno ambientale, sancirebbe la distruzione di un valore di cespite comunale (80 milioni di euro) oltre che a quanto speso dalla messa in opera del terzo anello per i mondiali di Italia ’90 e per i successivi interventi in termini di sicurezza dell’area, manutenzioni ordinarie e straordinarie, modifiche alle mobilità del trasporto pubblico etc. Un importo, questo, non inferiore ai 250 milioni di euro nel corso di un trentennio. L’ordine del giorno segnala, in diciannove punti, che un riutilizzo del bene stadio è possibile (anche se non si dovesse trovare la disponibilità di un gestore che lo utilizzi per altre attività esterne al calcio). Spero che questo OdG possa essere discusso in tempi brevi e votato positivamente. Per il bene della città…