Oggi 9 Maggio…1978…mentre sono presso le Industrie Elettriche di Legnano, una società che costruiva trasformatori di alta tensione e facente parte del gruppo in cui avevo da poco iniziato a lavorare, parte il suono grave ed acuto al contempo di una sirena. Sembrerebbe un allarme antincendio. Un attimo di occhi che si fissano per capire che cosa sta accadendo. Poi arriva la notizia: a Roma, in via Caetani, è stato trovato il corpo inerte di Aldo Moro. E’ all’interno di una Renault di colore rosso. La sirena sembra grida l’indignazione verso un atto orribile quale è l’omicidio, per di più di un uomo inerme e prigioniero. Il sesto dell’operazione “Fritz” come i brigatisti chiamarono l’operazione Moro espressa nella famosa frase della rivista metropoli come “la geometrica potenza di fuoco”.
Oggi è ancora il 9 Maggio, ma è
il 2021…un tempo lontano da quei giorni eppure ancora così tanto vicino… Da
quel momento nulla sarà come prima e anche se la verità assoluta su quella
vicenda non è ancora nota (e quante vittime si è trascinata dietro di sé…)
certamente quel momento, insieme alla morte di cinque lavoratori della
sicurezza, è stato uno spartiacque profondo, tra un prima e un dopo della storia
del nostro Paese. Questo prologo per sottolineare le parole, di una delle
persone fermate a Parigi, che ho letto sulla stampa, nelle quali si
sottolineava il fatto che, in fondo, le vittime sono state risarcite mentre lei/loro,
avevano vissuto trent’anni da esuli.
Il terrorismo in Italia è stata,
purtroppo, una cosa seria. Lo stragismo fascista, innanzitutto, con tutte le
vicende legate ai depistaggi, ai servitori infedeli, ali servizi deviati (ma ne
siamo sicuri…?), alla vicenda del “Noto Servizio” o “Anello”, utilizzato per i
lavori sporchi. Per non parlare di Gladio/Stay Behind e delle sue deviazioni.
Questo senza dimenticare gli omicidi assurdi, decretati in nome del popolo (ma
il popolo non decreta assassini, semmai è assassinato dalla Storia). E mi viene
da pensare alla morte di Guido Rossa, operaio, ucciso mentre andava a lavorare
al mattino presto in quel di Genova. Oppure al generale dei Carabinieri,
Riziero Galvaligi, che rifiutò di aderire alla Repubblica di Salò, incarcerato,
fuggiasco, partigiano, ucciso il 31 dicembre 1980, di ritorno dalla
celebrazione del Te Deum.
Ho riletto più volte quelle
parole e mi sono chiesto se, davvero, per salvare se stessi (da cosa poi…? Da un
carcere che non verrà mai scontato realmente…?) si possa pensare che chi ha
perso un padre, un figlio, un fratello, una madre, un amico possa mai sentirsi “risarcito”
da qualcosa. Si può risarcire il dolore? Si possono risarcire le assenze, la
fatica di tirare avanti, i Natali, le feste “comandate”, i compleanni assenti?
E’ risarcibile il dolore e il lutto per le vittime di Piazza Fontana, dell’Italicus,
di Piazza della Loggia, di Bologna? Si può immaginare di sentirsi risarciti per
un padre ucciso su un autobus, a Roma, con colpi sparati alla schiena? Oppure
alla fermata del tram in quel di Torino? “Lo Stato ha risarcito le vittime,
allora che cosa volete da noi” sembrano dire quelle parole, vigliacche, come
se, ad esempio, la morte di Fausto e Iaio potesse essere mai risarcita dal
denaro e non dalla giustizia con l’arresto degli assassini e dei mandanti.
Mi viene spontaneo, allora, rileggere
le parole dei condannati a morte della Resistenza. Uomini di ogni ceto, semplici
ed essenziali, che rischiarono la vita sapendo che la loro scelta era potenzialmente
mortale ma che non si tirarono indietro e non si nascosero dietro scuse
infingarde. Sapevano che rischiavano la morte in combattimento, la tortura, la
deportazione, la fucilazione o impiccagione. Senza processo, senza pietà. Loro,
quelli lì, che combatterono con coraggio e durezza, con accanimento e forza,
con determinazione e speranza per un Paese libero ed una Costituzione saggia.
Leggo quelle parole e sento il coraggio di chi ha paura ma rischia i propri
vent’anni per essere libero, per un Paese che potesse essere libero. La
Resistenza è stata tradita? Si, probabilmente si. Ma questa è materia di
storici, di studiosi, di chi sa leggere le vicende del nostro Paese e dare la
migliore risposta. Una visione del film “Una vita difficile”, di Dino Risi, con
il grande Alberto Sordi, potrebbe aiutare. Un film apparentemente “leggero” ma
ricco di spunti sul tema.
Ripenso alla parola “risarcimento”
e, insieme, alle parole scritte da quegli uomini che ebbero il coraggio di ribellarsi
al nazi fascismo e sento che la differenza è il quel prima e quel dopo è,
paradossalmente, quella tra la vita e la morte. Quella subita e quella data….
Nessun commento:
Posta un commento